BIOMASSE |
Quadro sintetico della tecnologia e degli impianti Biomassa è un termine che riunisce una gran quantità di materiali, di natura estremamente eterogenea. In forma generale, si può dire che è biomassa tutto ciò che ha matrice organica, con esclusione delle plastiche e dei materiali fossili, che, pur rientrando nella chimica del carbonio, non hanno nulla a che vedere con la caratterizzazione che qui interessa dei materiali organici. La biomassa rappresenta la forma più sofisticata di accumulo dell’energia solare. Questa, infatti, consente alle piante di convertire la CO² atmosferica in materia organica, tramite il processo di fotosintesi, durante la loro crescita. In questo modo vengono fissate complessivamente circa 2·1011 tonnellate di carbonio all’anno, con un contenuto energetico dell’ordine di 70·103 Mtep. La biomassa utilizzabile ai fini energetici consiste in tutti quei materiali organici che possono essere utilizzati direttamente come combustibili ovvero trasformati in altre sostanze (solide, liquide o gassose) di più facile utilizzo negli impianti di conversione. Altre forme di biomassa possono, inoltre, essere costituite dai residui delle coltivazioni destinate all’alimentazione umana o animale (paglia) o piante espressamente coltivate per scopi energetici. Le più importanti tipologie di biomassa sono residui forestali, scarti dell’industria di trasformazione del legno (trucioli, segatura, etc.) scarti delle aziende zootecniche, gli scarti mercatali, ed i rifiuti solidi urbani.
Stato dell'arte Ad oggi, le biomasse soddisfano il 15% circa degli usi energetici primari nel mondo, con 55 milioni di TJ/anno (1.230 Mtep/anno). L’utilizzo di tale fonte mostra, però, un forte grado di disomogeneità fra i vari Paesi. I Paesi in Via di Sviluppo, nel complesso, ricavano mediamente il 38% della propria energia dalle biomasse, con 48 milioni di TJ/anno (1.074 Mtep/anno), ma in molti di essi tale risorsa soddisfa fino al 90% del fabbisogno energetico totale, mediante la combustione di legno, paglia e rifiuti animali.
Applicazioni I processi di conversione biochimica permettono di ricavare energia per reazione chimica dovuta al contributo di enzimi, funghi e micro-organismi, che si formano nella biomassa sotto particolari condizioni, e vengono impiegati per quelle biomasse in cui il rapporto C/N sia inferiore a 30 e l'umidità alla raccolta superiore al 30%. Risultano idonei alla conversione biochimica le colture acquatiche, alcuni sottoprodotti colturali (foglie e steli di barbabietola, ortive, patata, ecc.), i reflui zootecnici e alcuni scarti di lavorazione (borlande, acqua di vegetazione, ecc.), nonché la biomassa eterogenea immagazzinata nelle discariche controllate.
Al termine del processo di fermentazione nell'effluente si conservano integri i principali elementi nutritivi (azoto, fosforo, potassio), già presenti nella materia prima, favorendo così la mineralizzazione dell'azoto organico; l'effluente risulta in tal modo un ottimo fertilizzante. Gli impianti a digestione anaerobica possono essere alimentati mediante residui ad alto contenuto di umidità, quali le deiezioni animali, i reflui civili, i rifiuti alimentari e la frazione organica dei rifiuti solidi urbani. Tuttavia, anche in discariche opportunamente attrezzate per la raccolta del biogas sviluppato, solo il 40% circa del gas generato può essere raccolto, mentre la rimanente parte viene dispersa in atmosfera: poiché il metano, di cui è in gran parte costituito il biogas, è un gas serra con un effetto circa venti volte superiore a quello della CO², le emissioni in atmosfera di biogas non sono desiderabili; quando invece la decomposizione dei rifiuti organici è ottenuta mediante digestione anaerobica nei digestori (chiusi) degli appositi impianti, quasi tutto il gas prodotto viene raccolto ed usato come combustibile. La fermentazione alcoolica è un processo di tipo micro-aerofilo che opera la trasformazione dei glucidi contenuti nelle produzioni vegetali in etanolo. L’etanolo risulta un prodotto utilizzabile anche nei motori a combustione interna normalmente di tipo “dual fuel”, come riconosciuto fin dall’inizio della storia automobilistica. Se, però, l’iniziale ampia disponibilità ed il basso costo degli idrocarburi avevano impedito di affermare in modo molto rapido l’uso di essi come combustibili, dopo lo shock petrolifero del 1973 sono stati studiati numerosi altri prodotti per sostituire il carburante delle automobili (benzina e gasolio); oggi, tra questi prodotti alternativi, quello che mostra il miglior compromesso tra prezzo, disponibilità e prestazioni è proprio l’etanolo, o più probabilmente il suo derivato ETBE (EtilTertioButilEtere), ottenuto combinando un idrocarburo petrolifero (l’isobutene) e l’etanolo. Il processo di digestione aerobica consiste nella metabolizzazione delle sostanze organiche per opera di micro-organismi, il cui sviluppo è condizionato dalla presenza di ossigeno. Questi batteri convertono sostanze complesse in altre più semplici, liberando CO² e H²O e producendo un elevato riscaldamento del substrato, proporzionale alla loro attività metabolica. Il calore prodotto può essere così trasferito all’esterno, mediante scambiatori a fluido. In Europa viene utilizzato il processo di digestione aerobica termofila autoriscaldata (Autoheated Termophilic Aerobic Digestion) per il trattamento delle acque di scarico. Più recentemente tale tecnologia si è diffusa anche in Canada e Stati Uniti. La carbonizzazione è un processo di tipo termochimico che consente la trasformazione delle molecole strutturate dei prodotti legnosi e cellulosici in carbone (carbone di legna o carbone vegetale), ottenuta mediante l’eliminazione dell’acqua e delle sostanze volatili dalla materia vegetale, per azione del calore nelle carbonaie, all’aperto, o in storte, che offrono una maggior resa in carbone. Il processo di gassificazione consiste nell'ossidazione incompleta di una sostanza in ambiente ad elevata temperatura (900÷1.000°C) per la produzione di un gas combustibile (detto gas di gasogeno) di basso potere calorifico inferiore, variabile tra i 4.000 kJ/Nm3, nel caso più diffuso dei gassificatori ad aria ed i 14.000 kJ/Nm3, nel caso dei gassificatori ad ossigeno. Valori intermedi (10.000 kJ/Nm3) si ottengono nel caso di gassificatori a vapor d’acqua. I problemi connessi a questa tecnologia, ancora in fase di sperimentazione, si incontrano a valle del processo di gassificazione e sono legati principalmente al suo basso potere calorifico ed alle impurità presenti nel gas (polveri, catrami e metalli pesanti). L’utilizzazione del gas di gasogeno quale vettore energetico pone alcune limitazioni legate essenzialmente ai problemi connessi con il suo immagazzinamento e trasporto, causa il basso contenuto energetico per unità di volume. Ciò fa sì che risulti eccessivamente costoso il trasporto su lunghe distanze. Tali inconvenienti possono essere superati trasformando il gas in alcool metilico (CH³OH), che può essere agevolmente utilizzato per l’azionamento di motori. Il metanolo, caratterizzato da un potere calorifico inferiore dell’ordine di 21.000 kJ/kg, può essere successivamente raffinato per ottenere benzina sintetica, con potere calorifico analogo a quello delle benzine tradizionali. La pirolisi è un processo di decomposizione termochimica di materiali organici, ottenuto mediante l’applicazione di calore, a temperature comprese tra 400 e 800°C, in completa assenza di un agente ossidante, oppure con una ridottissima quantità di ossigeno (in quest’ultimo caso il processo può essere descritto come una parziale gassificazione). I prodotti della pirolisi sono sia gassosi, sia liquidi, sia solidi, in proporzioni che dipendono dai metodi di pirolisi (pirolisi veloce, lenta, o convenzionale) e dai parametri di reazione. Uno dei maggiori problemi legati alla produzione di energia basata sui prodotti della pirolisi è la qualità di detti prodotti, che non ha ancora raggiunto un livello sufficientemente adeguato con riferimento alle applicazioni, sia con turbine a gas sia con motori diesel. In prospettiva, anche con riferimento alle taglie degli impianti, i cicli combinati ad olio pirolitico appaiono i più promettenti, soprattutto in impianti di grande taglia, mentre motori a ciclo diesel, utilizzanti prodotti di pirolisi, sembrano più adatti ad impianti di piccola potenzialità. La combustione diretta viene generalmente attuata in apparecchiature (caldaie) in cui avviene anche lo scambio di calore tra i gas di combustione ed i fluidi di processo (acqua, olio diatermico, ecc.). La combustione di prodotti e residui agricoli si attua con buoni rendimenti, se si utilizzano come combustibili sostanze ricche di glucidi strutturati (cellulosa e lignina) e con contenuti di acqua inferiori al 35%. I prodotti utilizzabili a tale scopo sono i seguenti:
Le caldaie a letto fluido rappresentano la tecnologia più sofisticata e dispendiosa che sta ricevendo, però, notevoli attenzioni, infatti essa permette il conseguimento di numerosi vantaggi quali la riduzione degli inquinanti e l’elevato rendimento di combustione.
Potenzialità Lo sfruttamento a fini energetici delle biomasse può assumere un ruolo strategico, contribuendo ad uno sviluppo sostenibile ed equilibrato del pianeta. Un impiego diffuso delle biomasse può comportare notevoli ricadute a livello economico, ambientale ed occupazionale, in quanto esse possono garantire:
In tale ottica, la Campagna della Commissione europea per il decollo delle fonti energetiche rinnovabili (Take off Campaign) individua l’energia da biomasse come uno dei settori-chiave per il raggiungimento degli obiettivi previsti dal Libro Bianco europeo.
Costi La difficoltà di sviluppo del settore dello sfruttamento energetico delle biomasse è legata principalmente al superamento delle barriere non-tecniche (finanziamenti dei costi di investimento alquanto elevati, Politica Agricola Comunitaria, diffusione delle informazioni).
Vantaggi ambientali La biomassa è ampiamente disponibile ovunque e rappresenta una risorsa locale, pulita e rinnovabile. L’utilizzazione delle biomasse per fini energetici non contribuisce all’effetto serra, poiché la quantità di anidride carbonica rilasciata durante la decomposizione, sia che essa avvenga naturalmente, sia per effetto della conversione energetica, è equivalente a quella assorbita durante la crescita della biomassa stessa; non vi è, quindi, alcun contributo netto all’aumento del livello di CO² nell’atmosfera. In tale ottica, quindi, aumentare la quota di energia prodotta mediante l’uso delle biomasse, piuttosto che con combustibili fossili, può contribuire alla riduzione della CO² emessa in atmosfera |